Riprendiamo il racconto del nostro
viaggio.
Giovedì 16 giugno 2022 alle 7.45 lasciamo
Charleston con destinazione Wrightsville Beach, North Carolina, distante 159
miglia. L’abbiamo scelta perché offre un ancoraggio molto vicino all’oceano,
facilmente raggiungibile con un breve percorso in acque interne, caratterizzate
da corrente di marea molto debole. In Atlantico alterniamo vela e motore per
circa 26 ore e poi, alle 10.15 del 17 giugno, ancoriamo su un fondale di fango
e sabbia, profondità 4-5 metri (33°12.344’N 77°47.997’W).
L’ancoraggio è tranquillo, con movimenti di marea e di corrente molto lievi. Un pomeriggio ci viene a trovare con il gommone una coppia di velisti conosciuti a Charleston: sono Steve e Maureen, americani, che sul loro Magic Dragon stanno navigando verso Nord per tornare a casa (Boston), dopo mesi di vacanza alle Bahamas. Decidiamo di navigare di conserva fino alla seconda destinazione del North Carolina, Beaufort.
Salpiamo all’alba del 20 giugno; la
catena ci si presenta avvolta da una coltre di fango così spessa che ci
rifiutiamo di calarla nel pozzo di prua senza lavarla. I tentativi di ripulirla
a secchiate si mostrano del tutto inefficaci. Ci armiamo di pazienza, approntiamo
una canna con pistola ad alta pressione che pesca direttamente dal serbatoio
dell’acqua dolce e finalmente, 40 minuti e 50 litri di consumo dopo, siamo
pronti a partire. Beaufort è a circa 70 miglia: la destinazione finale è un
ancoraggio suggerito da Steve e Maureen, che conoscono bene la zona. Alle 17.30
ancoriamo davanti al marina Beaufort Docks su fondale sabbioso di 4-5 metri (34°42.850’N
76°39.801’W).
Parliamo con Steve e Maureen del
prosieguo del viaggio. Hanno la nostra stessa destinazione, Norfolk, Virginia,
ma questa volta non navigheremo di conserva. Loro procedono per le acque
interne, lungo la ICW (Intracoastal Waterway), itinerario che come abbiamo già
detto non si adatta a Refola per due motivi principali: la maggior parte
dei ponti fissi ha una luce di 65 piedi ed il nostro albero di maestra con le
antenne ne misura 68, ed inoltre le profondità in bassa marea sono spesso
troppo limitate per il nostro pescaggio di 2,05 metri. Salutiamo quindi gli
amici di Magic Dragon; noi partiremo appena si apre una buona finestra
meteo per affrontare l’oceano, ci auguriamo di ritrovarli la prossima settimana
a Norfolk, oppure alla vicina Hampton, sempre in Virginia.
Passiamo altri due giorni a Beaufort, perlustrandola
in lungo e in largo con grandi passeggiate. A piedi raggiungiamo anche l’unico supermercato
della cittadina (circa 40 minuti di cammino), concedendoci il ritorno con Uber
(tariffa 7 $).
Partiamo sabato 25 giugno alle 11.00: la destinazione è Hampton, Virginia, distante
231 miglia.
È l’ultima tappa oceanica di questa
stagione: dovremo oltrepassare il famigerato capo Hatteras, dove soprattutto
nei mesi invernali (ma non solo) si formano delle tempeste improvvise con venti
che possono raggiungere la forza di uragani e onde oltre i 12 metri. Eventi
talmente particolari da essere chiamati “Hatteras Storms.”
Al nostro passaggio la situazione è
fortunatamente molto tranquilla: c’è poco vento, navighiamo alternando vela e motore.
Durante la seconda notte di navigazione il vento rinforza da sud e poi da SW consentendoci
di percorrere l’ultimo tratto interamente a vela. Lunedì 27 giugno di buon
mattino entriamo nella grande baia di Chesapeake; il cielo coperto, il vento
fresco dritto sul nostro naso e un’antipatica onda corta e aguzza
infastidiscono le ultime quindici miglia ma alle 8.50 siamo a destino:
ancoriamo in un piccolo e tranquillo bacino chiuso su tre lati, tra l’Old Point
Comfort Marina ad est, la cittadina di Hampton a nord e la superstrada per
Norfolk ad ovest. Il fondale, di sabbia-fango profondo 4-5 metri, ci garantisce
un’ottima tenuta (37°00,508’N 76°19,003’W).
Un’altra giornata la dedichiamo alla
visita di Fort Monroe, un sito militare molto importante per la storia
americana, dal periodo coloniale alla guerra di indipendenza fino alla guerra
di secessione. Oggi si presenta come una splendida fortezza a sei lati, è
monumento nazionale ed ospita un piccolo museo davvero molto interessante.
Navighiamo a motore e in circa 7 ore,
dopo 44 miglia, raggiungiamo Fishing Bay, una baia superprotetta a sud di
Deltaville, dove ancoriamo su fondale di sabbia di 5-6 metri (37°32.454’N
76°20.120’W).
Il panorama intorno a noi è dolce e affascinante:
tantissimo verde, estesi campi di frumento che si alternano a tratti di bosco
con altissime querce. A completare il quadro, le piccole villette di legno in
stile coloniale, centinaia di scoiattoli e decine di caprioli (forse cervi?
daini? Brutta cosa l’ignoranza!). Impossibile non pensare a Cip e Ciop e a
Bambi: mentre abbiamo la sensazione di essere dentro un cartone animato, realizziamo
che i simpatici animaletti che amavamo da bambini come personaggi totalmente
immaginari qui sono esseri reali che gironzolano indisturbati intorno alle case
e nei giardini. Anche questa è l’America!
A Deltaville risiedono stabilmente meno di 1000 anime. Sulla strada principale vediamo un cartello con la scritta “benvenuti” e poco distante un altro con “arrivederci”: in mezzo … quattro negozi e un paio di caffè!
Rientriamo in bici al Fishing Bay Marina
e poi col dinghy su Refola. Appena fa buio, in anticipo di un giorno sulla
festa dell’Indipendenza, le case affacciate sulla baia iniziano a sparare fuochi
d’artificio. Non è come la festa del Redentore di Venezia, ma ugualmente ci
godiamo lo spettacolo.
Lunedì 4 luglio salpiamo: 10 miglia fino
al Regatta Point Marina. Il canale di ingresso ha fondali appena sufficienti
per il nostro pescaggio. Al nostro passaggio il canale si presenta molto
trafficato e gli americani al timone, ahimè, sono spesso poco educati.
Incrociamo parecchie piccole imbarcazioni che escono a manetta occupando la
parte centrale del canale; per evitarli sono costretto ad accostare sulla parte
destra, meno profonda. Morale: ci areniamo. Ormai ci abbiamo fatto il callo, ma
per fortuna la marea è crescente e in poco tempo (circa mezz’ora) siamo liberi.
Al Regatta Point Marina facciamo nuove
amicizie: ci vengono a trovare Fabrizio e Jesus, che hanno acquistato un
Catalina 48 un anno e mezzo fa e sognano ora di ampliare le loro navigazioni. Fabrizio
è originario di Como, vive da 30 anni in America e lavora nel settore bancario;
Jesus dopo aver lavorato molti anni come ricercatore nella farmaceutica è oggi un
imprenditore nel settore immobiliare; vivono nel New Jersey, sono entrambi
piloti d’aereo. In due serate passate insieme scatta subito un buon feeling;
mostrano molto interesse per le nostre esperienze di navigazione, passate e
future. “Abbiamo nuovi candidati per la traversata atlantica di ritorno”,
annota Lilli.
Il 6 luglio, per non farci mancare
niente, riceviamo sul telefono un allarme tornado: il cielo è coperto, a NW
nuvole nere si stanno spostando velocemente verso di noi. Dal pozzetto, mentre
il vento rinforza, osserviamo la perturbazione; nell’avvicinarsi fortunatamente
si espande e diventa meno minacciosa, fino a dissolversi. Siamo salvi!
Il 7 luglio, con l’alta marea delle 16.00, ci spostiamo di 200 metri fini al cantiere Stingray Point Boat Works. Il travel lift è pronto a sollevarci ed in breve Refola è fuori dall’acqua.
5 giorni di lavoro frenetico per pulire
sopra e sotto coperta, lavare e riporre cime e drizze, e soprattutto preparare l’invernaggio
completo della barca che questa volta affido al cantiere. Dovranno curare il
circuito di raffreddamento del motore e del generatore, ma anche il circuito
acqua dolce: boiler, climatizzatore, lavatrice, dissalatore.
Nonostante il ritardo con cui i tecnici
del cantiere si sono occupati di Refola, il 12 luglio lasciamo
Deltaville per raggiungere in autobus Washington, dove abbiamo prenotato una
camera e resteremo 6 giorni. Il 18 luglio, da Baltimora, voleremo a Verona via
Francoforte.
E con questo si chiude la IX stagione
del giro del mondo di Refola. Ma l’avventura continua…