Usciti dal marina W&A di Capetown la mattina di
martedì 26 marzo, il vento ancora fresco sui 20-25 nodi ci spinge per qualche
ora, per calare verso mezzogiorno sui 13-15 nodi; alle 16 accendiamo il motore
a 1600 giri/min., con la randa aperta soprattutto per ridurre il rollio.
Alle 22 sono di guardia: è buio pesto, quando sento
un colpo secco sotto la barca e avverto lo scafo sollevarsi un poco per poi
proseguire normalmente. Anche Lilli lo ha sentito, si alza e mi chiede cosa è
stato. “Qualcosa di semigalleggiante è passato sotto la barca” dico io. È meglio
controllare, con la pila verifico prima la sala motore, poi sotto i paglioli,
trovando solo un po' d’acqua, all’apparenza dolce, sotto il pagliolo
dell’antibagno della cabina di poppa. Svuoto il vano che era pieno di teli
grigliati per la copertura della barca e rimando all’indomani la verifica della
provenienza.
Il giorno successivo scopriamo l’origine di quel
botto: l’area in cui stiamo navigando è disseminata di tronchi con radici e
rami, poco visibili, la parte di tronco con la radice si trova a 2-3 metri di
profondità e solo qualche ramo appare a pelo d’acqua.
Nella mattinata di mercoledì centriamo in pieno un
altro di questi grossi grovigli, metto subito il motore in folle, ma dobbiamo
fare un po' di retromarcia per liberarci completamente. Angelo recupera la
traina per evitare che si impigli nel groviglio, e con grande sorpresa vi trova
attaccato un bel pesce, sui 3 chili!
Per evitare altri incontri indesiderati correggo la
rotta di 10° portandomi più al largo, e per fortuna gli avvistamenti
diminuiscono e non abbiamo più sorprese.
Nella giornata riusciamo a fare qualche ora di vela,
ma soprattutto tanto motore, fino alle 12 di giovedì 28, quando finalmente
torna il vento. Prima da SW, poi da SE, inizia con 12-14 nodi per arrivare a
22-27 poco dopo mezzanotte. Anche il mare si è alzato: si incrociano un’onda
corta da SE ed una appena più lunga da SW, provocando un fastidioso rollio.
Alle 12.30 di venerdì 29, con il vento stabile sui
25-30 nodi, ci avviciniamo alla baia di Luderitz. Contattiamo sul VHF canale 12
il Port Control, che ci dà l’autorizzazione ad entrare e alcune istruzioni sulle
formalità, mentre per l’ormeggio ci dice di contattare un certo Andy. Passati
tra le due mede cardinali Nord e Sud entriamo nella Robert Harbour, dove c’è il
porto e numerose boe per l’ormeggio.
Ci vengono incontro con il dinghy Sean e Christoph,
i ragazzi dell’equipaggio di New Dawn,
che ci avevano chiamato per radio mezz’ora prima. Sean sale a bordo e ci indica
la boa che dobbiamo prendere, Andy è già lì col suo barchino per passarci la
cima.
Alle 13 siamo ben ormeggiati, attaccati ad un cimone da 40 mm.
(26°38.437’S 15°09.394’E).
Sean e Cristoph ci raccontano di essere soli a
bordo di New Dawn, perché Paul, l’armatore,
con il 4° membro dell’equipaggio, Marion, è andato a fare una escursione nell’entroterra
e tornerà domenica. Per ringraziarli dell’accoglienza li invitiamo a cena.
Nel pomeriggio andiamo a fare le pratiche di
ingresso: prima immigrazione, poi dogana, e infine Port Control, tutti a breve
distanza dal porto.
Sbrigata velocemente la semplice burocrazia, abbiamo il
tempo di acquistare la SIM-card presso l’unica compagnia che gestisce le
comunicazioni telefoniche in Namibia. Luderitz ha un aspetto davvero particolare:
le costruzioni più vecchie, risalenti all’inizio del secolo scorso, sono in
puro stile tedesco e questo contrasta fortemente col panorama circostante, che
è semplicemente… desertico!
Durante la cena a bordo di Refola Sean e Christoph, che avevamo conosciuto a Capetown senza
aver avuto modo di familiarizzare, ci raccontano un po' della loro vita: Sean, inglese,
53 anni, separato ed in cerca di una donna e di un lavoro, ha lavorato come
istruttore sub per 20 anni ed ora intende comprare una barca per fare un po' di
charter e girare il mondo; Christoph invece, 25enne sudafricano proveniente dal
nord, vicino al confine con il Mozambico, aveva un lavoro che ha lasciato per aiutare
il padre ammalato nell’azienda di famiglia, ed ora che il padre sta meglio ha
deciso di andare a Miami ed imbarcarsi su grandi yacht. Entrambi sono saliti a bordo
di New Dawn a Durban. La serata passa
allegramente, conversando in inglese, con Lilli impegnata come sempre a fare l’interprete.
Sabato il vento è forte, sui 25-30 nodi, quindi
pensiamo di rimanere in barca, ma verso le 18 ci viene a chiamare Christoph per
avvisarci che allo Yacht Club c’è una festa: l’attuale gestore lascia
l’attività ed ha deciso nel suo ultimo giorno di offrire da bere e da mangiare
ai suoi ospiti. Ci aggreghiamo: i residenti, tutti bianchi, sono tedeschi, russi,
spagnoli; come velisti oltre a noi una coppia francese; non mancano i comandanti
del porto e del Port Control, in tutto circa una ventina di persone.
Al nostro arrivo da mangiare è rimasto davvero poco,
ma non manca da bere: dopo una birra si va sull’alcolico più pesante, arriva
anche la musica ed in breve si diventa tutti amiconi, l’ebbrezza è diffusa… una
serata decisamente “internazionale”, in atmosfera piacevole e allegra.
Lunedì andiamo all’ufficio del turismo per prendere
informazioni; tutti ci hanno parlato bene dell’interno della Namibia al punto
che anche Lilli, ritrosa a lasciare Refola
se non per escursioni giornaliere, si è fatta convincere. Combiniamo il
noleggio di una 4x4 per quattro giorni; visiteremo le dune “più alte del mondo”,
circa 600 km a nord, e poi il grande Fish River Canyon, a sud.
Martedì 2 aprile comincia la gita: alle 9.00 ci consegnano
l’auto allo Yacht Club, si parte! Abbiamo studiato il percorso e contattato i
posti per dormire, tralasciando sia gli economici campeggi (non abbiamo più l’età…)
sia i lodge più cari.
Dopo circa 125 km sulla B4, asfaltata, iniziamo il
percorso sulle strade in terra battuta: prima la C13 e poi la bellissima D707. La
massima velocità consentita, di 120 km/ora sulle strade B, si riduce a 80 km
sulle C ed a 60 km sulle D. Intorno a noi distese infinite di rilievi brulli e rocciosi.
Siamo totalmente immersi in questa natura selvaggia e deserta: tutta la
Namibia, grande tre volte l’Italia, ha meno abitanti del centro di Roma (poco
più di 2 milioni di anime). Per km e km non vediamo case e incontriamo solo qualche
sparuta auto di turisti; in compenso le strade sterrate sono recintate per impedire
agli animali di attraversarle. Intorno vediamo numerosissime antilopi e alcuni struzzi,
che a volte riescono ad oltrepassare le recinzioni.
L’aria è tersa e la
visibilità, in quasi totale assenza di umidità, è impressionante: possiamo
vedere oltre 5 km davanti a noi, con i tipici effetti di “miraggio” che si
creano con le alte temperature.
Arriviamo a sera al Burgdorf Hotel, un po' distrutti
nonostante il cambio di guida a circa metà strada con Angelo; il posto che
abbiamo prenotato con Booking.com è veramente piacevole: tutte costruzioni in
pietra con tetto di paglia, prati verdi all’inglese, una piccola piscina, un
grande padiglione contornato da vetrate, anch’esso con il tetto in paglia, dove
vengono servite cena e colazione.
La simpatica e giovane direttrice ci accoglie, ci
mostra le camere, ci informa sugli orari di cena e colazione, poi ci invita ad
assistere al pasto serale che viene dato agli animali. Oltre una recinzione ci
sono infatti due ippopotami, uno struzzo e tre ghepardi, che sono ormai
abituati a trovare da mangiare presso la struttura.
Il giorno seguente, dopo un’abbondante colazione,
partiamo per la visita alle dune; arriviamo all’ingresso del parco alle 12. Pagati
250 N$ (Namibian dollar, circa 16€) percorriamo 65 km di strada asfaltata in
mezzo alle dune, grandi montagne di sabbia con tutte le sfumature dorate dell’ocra
e dell’arancio che si stagliano nel cielo azzurro. Uno spettacolo maestoso.
Torniamo a sera al Maltahohe Hotel, un piccolo
centro abitato vicino al punto di partenza del mattino. Sistemazione meno
attraente della precedente, ma comunque accettabile; cena, colazione e via
verso sud per la C19 e la B1 (asfaltate) fino a Keetmanshop, dove pranziamo
velocemente e riforniamo il serbatoio, per procedere poi verso il Gondwana
Canyon Park dove arriviamo alle 15.30; paghiamo l’ingresso (altri 250 N$) e
arriviamo dopo 13 km al Main View Point nella parte settentrionale del Fish
River Canyon. Un punto elevato circa 550 metri da cui si domina gran parte del
sinuoso percorso del fiume. Da qui, per persone decisamente più sportive di
noi, parte un percorso di trekking che in soli 80 km (quattro giorni e tre
notti) conduce alla fine del canyon. Avevamo programmato tutto per giungere in
prossimità del tramonto, quando il gioco di ombre rende lo spettacolo più grandioso,
ma siamo traditi da un cielo nuvoloso che ci nega gran parte della luminosità e
dei colori. Il posto, comunque, merita la sua fama.
Per l’ultima notte ci concediamo un lusso: abbiamo
prenotato al Gondwana Village, distante dal Main View Point solo 26 km. L’albergo
si trova in una radura circondata da imponenti rocce rosse, tra cui si trovano
disposte a raggiera piccole costruzioni in pietra con il tetto di paglia, a formare
una sorta di anfiteatro con un raggio di circa 200 metri. Non manca una piccola
piscina con frigo bar self service, mentre la costruzione principale, sempre in
pietra con tetto in paglia, ospita la reception, la sala pranzo, un bar e un negozio
di articoli da regalo. Il tramonto che abbiamo mancato al Canyon lo godiamo sorseggiando
una birra sdraiati su comode chaise longue ai bordi della piscina.
Il giorno successivo, dopo la solita abbondante
colazione, prendiamo la strada verso “casa”. Passiamo da Ai-Ais, il punto più a
sud del canyon e costeggiando prima il Fish River poi l’Orange River risaliamo fino
a Rosh Pinah. Un percorso bellissimo poco distante dal confine con il Sudafrica.
A Rosh Pinah arriviamo alle 13.40; durante il
rifornimento di carburante notiamo una ruota posteriore quasi a terra, la facciamo
gonfiare e andiamo a pranzo. Purtroppo, al ritorno, la gomma è di nuovo a
terra, meno male che a 100 metri c’è un gommista che ce la ripara per 102 N$
(circa 7 €!!!). Nella sfortuna siamo stati più che fortunati!
Rientriamo a Luderitz alle 19.00, dopo aver
percorso 1.940 km in 4 giorni. Abbiamo speso complessivamente 4800 N$ (circa
300 €) per il noleggio dell’auto, 2800 N$ (circa 180 €) per il carburante e
12.000 N$ (800 €) per i pasti e le
dormite in tre persone. È stato un po' caro, ma ne valeva la pena.
Oggi, domenica 7 aprile, salpiamo per Walvis Bay,
252 miglia a nord. Ci aspettano due giorni di navigazione, che il meteo ci
preannuncia con venti leggeri.