Dopo esserci fatti cullare per due giorni da un dolce brandeggio nella tranquilla rada di Ao Yon, martedì 1 agosto di buon mattino torniamo ad ancorare nella caotica baia Chalong, per fare le pratiche di uscita.
Poiché siamo in lieve anticipo, facciamo un salto in "città" per comprare il pane; restiamo nuovamente colpiti dall'incredibile via vai di turisti: molti, diretti alle spiagge con le "speedy taxi boat" escono già dall'albergo indossando il giubbetto salvagente rosa shocking; altri lo possono prendere (gratis?) all'inizio del molo, prima di imbarcarsi. C'è bassa marea e vediamo divertiti decine e decine di formichine rosa (i giubbetti) salire sulle barche dalla spiaggia, senza neanche bagnarsi i piedi.
Ripercorriamo poi la trafila burocratica: registrazione online della nostra partenza, Harbour Master, Immigrazione, Dogana. Tutto semplice e professionale come all'arrivo: in mezz'ora abbiamo la "Clearance" (foglio di via). Abbiamo pagato 90 bath di fotocopie, 100 bath per Harbour Master, 200 bath per l'immigrazione e 200 bath per la Dogana, in totale 15,38 €; Lilli è convinta dice che i 200 bath dell'immigrazione non erano dovuti (in effetti a differenza degli altri il poco affabile addetto non ci ha rilasciato ricevuta), ma non mi sembra il caso di recriminare...
Alle 10.30 salpiamo con destinazione Phraya a 26 miglia, vento da SW sui 15-17 nodi, al gran lasco per la nostra rotta; teniamo randa e genoa pieni, il mare è discretamente formato con un'onda tra 1,5 e 2,5 mt.
Verso le 13.30 siamo già a destinazione; la baia ad ovest di Phraya è però impraticabile, il mare vi entra diretto e non offre alcun riparo. Non a caso è completamente deserta. Fabio doveva averla visitata in condizioni molto diverse, visto che il suo consiglio era: "Bisogna arrivare tardi, quando le barche turistiche se ne sono andate, per trovare una boa libera".
Proseguiamo per 3 miglia a nord verso Phi Phi Don. Il mare nel canale tra Phraya e Phi Phi Don è incrociato con onde corte e ripide, probabilmente per effetto della corrente di marea contraria all'onda. Siamo sballottati ben bene, ma dura poco: una volta entrati nella baia sud di Phi Phi Don, Ton Sai Bay, il mare si placa. Voltandoci indietro osserviamo che anche il lato est di Phraya è calmo ma Lilli, chissà perché, trova più invitante Phi Phi.
Ton Sai Bay è più profonda nella parte occidentale, dove il "Marine Dipartiment" ha posizionato, ad intervalli regolari, numerose grosse boe gialle ad uso degli yachts; la parte orientale della baia è bassa, con un esteso fondale ridotto; la parte centrale, vicino al molo dei traghetti, è invece occupata da boe private, taxi boat e barche del turismo locale.
Piuttosto che ancorare più vicino a terra ma esposti al gran traffico di barche e traghetti, prendiamo una boa gialla che all'ispezione risulta ampiamente affidabile: la cima è in buono stato e di diametro adeguato, il fondale è 13 metri (7°43.699'N 98°46.197'E).
Siamo ben riparati: nonostante fuori il vento sia da SW, sempre sui 15-20 nodi, al nostro ormeggio arrivano 10 nodi da nord, giusto per arieggiare le cabine e stare al fresco; solo qualche isolata raffica arriva sui 18 nodi, accompagnata da uno scroscio di pioggia che dura pochi secondi.
Viste le condizioni tranquille, decidiamo di fermarci per una giornata. Il mattino seguente andiamo a terra, lasciando il dinghy sulla spiaggia vicino al molo, naturalmente lucchettato; c'è anche qui un gran via vai di barche da turismo e dato che c'è un solo piccolo punto di imbarco, le barche si avvicendano velocemente nelle operazioni di carico/scarico clienti.
La piccola cittadina, che vive di solo turismo, è interamente pedonale: nelle strette e caratteristiche viuzze si susseguono uno dietro l'altro negozi di souvenir, bar, ristoranti, agenzie di diving, hotel. All'apparenza, sembra un turismo però più di élite rispetto quello visto a Chalong.
Capitati inconsapevolmente nella Capri thailandese ci cucchiamo questo "bagno di folla", acquistiamo pane e frutta, un po' di credito per internet, pranziamo ad un ristorante (turistico) sulla spiaggia nord ed un po' stressati ritorniamo in barca.
Ancora una volta ci ritroviamo ad osservare come i posti molto frequentati ci incuriosiscano per un momento, per poi stancarci velocemente … e ci rendiamo sempre più conto di quanto siamo fortunati ad essere liberi di girovagare a piacimento, vincolati solo dal tempo, e dal mare.