Gli ultimi giorni a Trinidad sono volati.
Venerdì 11 febbraio ci hanno
riconsegnato il generatore, con la nuova scheda elettronica, già testato e
funzionante. Rimontarlo al suo posto in sala motore è stato ancora più
difficile che tirarlo fuori, ma alla fine gli abili tecnici della Tropical
Power ce l’hanno fatta.
Lunedì 14 il potente travel lift del
Peake Yacht Services ha riportato Refola in acqua. La manovra di ormeggio
al pontile ci ha fatto un po' tribolare: un vento al traverso sui 15 nodi con
raffiche a 20 ci faceva scadere velocemente e non riuscivamo a prendere la boa
da legare a prua. Per fortuna ci è venuto in soccorso con il suo dinghy
Guglielmo, un giovane amico di una barca vicina, che ha preso la nostra cima,
l’ha legata alla boa e ce l’ha riportata in barca, mentre noi arretravamo verso
il pontile.
Mille altri lavori ci aspettano: armare
il genoa e rimettere a segno le manovre della randa che erano state smontate,
riarmare le drizze, pulire e lucidare gli alberi, senza dimenticare l’organizzazione
e il rabbocco della cambusa, le pratiche di uscita presso immigrazione e
dogana, e per gradire infine il tampone anti-covid, che per fortuna abbiamo
potuto fare in loco (utile servizio messo a disposizione dal cantiere).
Dedichiamo le ultime serate a salutare gli
amici. Oltre ad Antonio ed Adriano che sono quasi di famiglia, ci sono due simpatiche
coppie: gli australiani Mark ed Eva di Silent Progression, che
metteranno la prua verso Panama e il Pacifico, e Francesco e Clotilde (lui
italiano, lei francese). Con il loro Hallberg-Rassy 43 Saint Amour erano
arrivati dall’Uruguay ma sono stati fermati a Trinidad dal Covid. Come noi hanno
lasciato la barca al Peake per due anni, ed ora il loro programma è di rientrare
a casa in aereo, spedendo la barca in Mediterraneo via nave.
Il 22 febbraio, sotto un’acqua
torrenziale che ci perseguita tutto il giorno (ma la stagione delle piogge non
doveva essere finita?) ci rechiamo con il dinghy all’immigrazione e alla dogana,
poco distanti. Con in mano la clearance doganale possiamo fare incetta di
vino e liquori al duty free furbescamente collocato a pochi metri dagli
uffici doganali.
Finalmente, mercoledì 23 febbraio alle
7.40, salpiamo con destinazione Martinica a 250 miglia.
Usciti dal canale che separa Trinidad
dal Venezuela spieghiamo genoa e randa e di bolina stretta risaliamo verso NW
per 8 ore fino alle 16. Il mare è un po’ formato e l’andatura non è tra le più
comode, ma la gioia di essere di nuovo per mare ci fa superare ogni disagio.
Prima del tramonto avvolgiamo il genoa e con randa e motore correggiamo il
fuori rotta.
Siamo in acque pericolose, funestate dalle
scorribande dei pirati venezuelani, che raggiungono le barche con velocissime
lance e, nella migliore delle ipotesi, rapinano i navigatori di tutto quanto
gli è possibile portare via. Alle ipotesi peggiori è meglio non pensare… Il
pericolo mi induce a lasciare spenti fin dalla partenza AIS e radar, attraverso
cui “i cattivi” ci potrebbero individuare, e a non accendere nemmeno, quando
arriva il crepuscolo, le luci di navigazione.
Il cielo in buona parte nuvoloso, la
luna calante rendono la notte particolarmente buia. Lilli si fa un po’ nervosa
e mi chiede: “Quando riaccendiamo tutto?” “Quando avremo raggiunto Grenada”, le
rispondo.
Per fortuna verso mezzanotte intravvediamo
all’orizzonte il bagliore delle luci di Grenada. Ci sembra di distinguere
anche, a grande distanza, luci di navi. All’ancora? In navigazione? Lilli
insiste per accendere luci di via e AIS (“non è che per non essere visti dai
pirati finiamo speronati da una nave?”) e minaccia l’ammutinamento. Attendo
ancora un po’, e quando stimo, rispetto alla nostra posizione, l’attacco dei
pirati altamente improbabile, accendo luci e strumenti e la spedisco in branda.
Nel frattempo, appena superata la punta SW
di Grenada, incrociamo la rotta che a gennaio 2013 ci portava con varie tappe
da Granada alle Antille Olandesi, a Cartagena in Colombia e infine a Panama. Ora
sì che possiamo dire di aver fatto il giro del mondo! Lilli pensava che per
considerare compiuta la circumnavigazione fosse sufficiente raggiungere la
longitudine di partenza (per noi E 004° 49' 54" di Port Napoleon, Francia,
da cui siamo partiti nell’estate 2012) e quindi abbiamo festeggiato
l’avvenimento nel 2019 durante la traversata dalla Namibia a Sant’Elena, ma poi
Francesco di Saint Amour ci ha detto che la latitudine non basta,
bisogna incrociare la propria rotta!
Nella notte, dopo Grenada, costeggiamo
il lato W di tutte le Grenadine, Carriacou, Union Island, Mayreau, Canouan,
Bequia, Saint Vincent, Saint Lucia. Alle 10 di venerdì 25 febbraio raggiungiamo
Martinica: ancoriamo a nord del Club Mediterranee in posizione 14°27.573N
60°52.549W.
Siamo molto soddisfatti: dopo due anni
di “territudine” forzata abbiamo tutti (Lilli, Refola ed io) reagito
bene al mare, i turni di 3 ore hanno funzionato benissimo, abbiamo scampato il
pericolo dei pirati e completato il giro del mondo. Il momento merita di essere
festeggiato con una bottiglia di prosecco ghiacciato!
Andiamo a terra con il dinghy per le
formalità d’ingresso, che qui si svolgono molto facilmente compilando un modulo
sul PC messo a disposizione nell’ufficio del Marina du Marin; il documento
viene stampato, si pagano 5 € et voilà, la procedura è completata. Chiediamo se
è possibile anticipare l’ingresso al marina (prenotato via internet per 5 gg da
domenica 27), ma la risposta è negativa.
Il controllo effettuato sul rigging (140
€) ci riserva alcune sorprese: una sartia bassa dell’albero di maestra è da
cambiare, è necessario tirare alcuni arridatoi, ma la sorpresa più grande è che
l’intervento non si può fare prima del 16 marzo!
Con il meccanico Didier combiniamo un
appuntamento per sabato 5 marzo: ormeggiamo affiancati al vecchio catamarano da
lui trasformato in officina, e gli facciamo sostituire i parastrappi
dell’invertitore.
Un altro problema riscontrato è al motore fuoribordo Tohatsu: non tiene il minimo e non dà potenza quando si accelera. Ci viene in aiuto Michele passandoci nome e telefono del meccanico Pierre; viene a trovarci giovedì 3 marzo e conclude il lavoro il giorno dopo. Una fortuna, perché a quanto pare tutti i tecnici sono oberati di lavoro e risolvere qualsiasi problema in tempi brevi è davvero difficile.
Ora i giorni passano lenti in attesa della
nuova sartia. Per il momento abbiamo accantonato l’ipotesi di attraversare l’Atlantico
e rientrare in Europa. Nel frattempo siamo stati allietati da una bella
notizia: gli amici Angelo e Cristina, veterani su Refola, ci
raggiungeranno il 15 marzo per restare con noi fino alle Bahamas.